La discriminazione sul lavoro
A partire dal 2003 la legge italiana, uniformandosi ad una direttiva europea, proibisce la discriminazione sul lavoro per ragioni di età, disabilità, religione o convinzioni personali, orientamento sessuale, razza o origine etnica.
La discriminazione sul sesso
La discriminazione sulla base del sesso, ovvero tra donne e uomini, era già proibita in base ad una normativa più risalente nel tempo e, grazie ad una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, dovrebbe essere applicata anche alle persone trans, perché anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una violazione della parità di trattamento sulla base del sesso.
Ovviamente già la Costituzione italiana, agli artt. 2 e 3, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, e stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Per rendere concreti e attuabili questi principi, serviva però una normativa più dettagliata.
I decreti legislativi
I decreti legislativi del 2003, n. 215 e 216, proibiscono la discriminazione diretta, la discriminazione indiretta e le molestie, specialmente sul luogo di lavoro.
Nell’ordinamento italiano esiste anche la possibilità di contrastare quegli episodi che oggi chiamiamo di mobbing, una serie di comportamenti persecutori che siano lesivi della dignità e della salute psico-fisica del lavoratore.
Parliamo, ad esempio, di ipotesi di demansionamento o forme di controllo ingiustificato, esclusione e inattività forzata, spesso funzionali all’espulsione del lavoratore dal posto di lavoro.
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