Piattaforma legge 164: proposta programmatica del Movimento Identità Trans, modifica norme rettificazione di sesso.
La legge 14 aprile 1982, n. 164 sulla rettificazione di sesso
Cambiare nome e modificare il sesso sull’atto di nascita in Italia è possibile seguendo quanto prescrive la Legge 14 aprile 1982, n. 164, “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”.
La scelta compiuta allora fu di attribuire all’Autorità giudiziaria il potere di autorizzare:
- l’intervento di riattribuzione di sesso, a piena garanzia del diritto alla salute posto dall’art. 32 Cost., ricavando quindi una forma atecnica di “deroga” al divieto di atti di disposizione del proprio corpo previsto dall’art. 5 c.c.
- la rettificazione anagrafica del sesso e del nome sugli atti di stato civile, anche qui in “deroga” al procedimento di rettificazione previsto (oggi) dal d.P.R. 396/2000 sullo stato civile.
In breve, occorre rivolgersi al Tribunale del luogo di residenza di chi agisce. L’interessato richiede una sentenza che “attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali” (art. 1).
Purtroppo, nel corso del tempo si è instaurata una prassi giudiziaria particolarmente gravosa.
Prevede una serie di requisiti da intendersi come precondizioni per l’accesso ai trattamenti medico-chirurgici e alla rettificazione anagrafica.
Tra essi spiccano la diagnosi psicologica, l’esclusione di psicopatologie e disturbi della personalità, la terapia ormonale già iniziata e continuata per almeno un anno, ed altri ancora.
Nei ricorsi ai Tribunali si è soliti allegare almeno una consulenza psicodiagnostica e una endocrinologica il che, oltre all’onorario dell’avvocato, fa lievitare i costi.
Trend europei e italiani
Sulla scia di definizioni patologizzanti del ‘transessualismo’ o del ‘disturbo di genere’, si è dunque affermata una prassi medica cristallizzata in protocolli irti di numerosi passaggi.
Il trend europeo, tuttavia, perlomeno a partire dalla pubblicazione dell’Issue Paper del Commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani (Human Rights and Gender Identity, 29 luglio 2009) è stato, ed è tuttora, nel senso della de-patologizzazione della non conformità di genere.
Il Commissario europeo segnalava all’epoca che “dal punto di vista dei diritti umani e delle cure sanitarie, non emerge l’esigenza di diagnosticare alcun disturbo mentale per assicurare l’accesso ai trattamenti per una condizione che abbisogna di cure mediche” (p. 26).
Il trend nel senso della completa de-patologizzazione è sfociato nel 2018 nella revisione dell’ICD-11 (International Classification of Diseases dell’Oms), che non prevede più la ‘disforia di genere’ come malattia o disturbo mentale.
Un ulteriore trend, chiaramente identificabile, è che alcuni requisiti per ottenere la rettificazione anagrafica sono stati considerati eccessivi o arbitrari alla luce dei diritti umani.
Infatti, già nel 2010 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa aveva adottato una Raccomandazione sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere (CM/Rec(2010)5).
Al punto 20 dell’allegato, la Raccomandazione specifica che “i requisiti preliminari, comprese le modifiche fisiche, necessari per il riconoscimento giuridico dell’avvenuto cambiamento di sesso dovrebbero essere regolarmente riesaminati, al fine di eliminare quelli che si rivelino abusivi”.
Al punto 21 precisa inoltre che “gli Stati membri dovrebbero adottare le misure appropriate per garantire il pieno riconoscimento giuridico dell’avvenuto cambiamento del sesso di una persona in tutte le sfere della vita, in particolare rendendo possibili le rettifiche dei dati anagrafici nei documenti ufficiali in modo rapido, trasparente e accessibile”.
La risoluzione 2048 del Consiglio d’Europa
Tale impostazione è stata ripresa e caldeggiata dalla Risoluzione 2048 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, del 22 aprile 2015, sulla Discriminazione contro le persone transgender in Europa. In tale Risoluzione, si invitano gli Stati membri a:
- fare propria una piena de-patologizzazione della non conformità di genere
- assicurare un percorso medico privo di aspetti stigmatizzanti
- esplorare modelli di cura basati sul consenso informato
- eliminare ogni forma di diagnosi di disturbo mentale
- eliminare ogni trattamento medico obbligatorio
- garantire comunque l’accesso a terapie ormonali sostitutive, supporto psicologico e intervento chirurgico a carico del servizio sanitario pubblico
- istituire procedure di rettificazione anagrafica che siano rapide, trasparenti e accessibili, basate sull’auto-determinazione
- considerare la possibilità di indicare un genere ‘altro’ sui documenti di identità, per coloro che lo desiderino
- rimuovere ogni restrizione a proseguire un matrimonio [o un’unione civile] esistente
- considerare preminente l’interesse del minore nei casi riguardanti soggetti minorenni.
Assieme al trend emergente della de-patologizzazione, culminato nel nuovo ICD del 2018, si è dunque affermato il trend di rimozione di requisiti eccessivi o abusivi.
Essi rendono eccessivamente gravoso sia l’accesso al trattamento medico-chirurgico, sia alla rettificazione dell’attribuzione di sesso all’anagrafe e sui documenti.
Ne dà conto l’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione europea nell’ultima analisi giuridica comparata del 2015 (Protection against discrimination on grounds of sexual orientation, gender identity and sex characteristics in the EU, Vienna, 2015, pp. 15 ss.).
Questi nuovi trend trovano origine nelle rivendicazioni delle associazioni e dei movimenti trans di tutta Europa, che hanno reclamato e favorito una nuova sensibilità nei confronti, per esempio:
1) delle diverse modalità in cui si può manifestare l’identità e l’espressione di genere
2) della specificità del percorso di transizione e dei vissuti degli uomini trans
3) delle problematiche delle persone intersex, queste ultime acutamente interessate da prassi mediche invasive e potenzialmente dannose del benessere e della salute
4) delle identità di genere non binarie.
La piattaforma del MIT
Nel febbraio 2020 il MIT – Movimento Identità Trans ha prodotto e pubblicato una piattaforma programmatica per impostare una discussione volta alla riforma della legge 164.
La piattaforma fa propri i principi dell’autodeterminazione e del consenso informato.
Leggi qui le proposte di riforma della legge 164, Piattaforma del MIT, a cura dello sportello legale di cui mi occupo personalmente.
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